Il manifesto del nuovo turismo.

Partecipa discutendo e integrando i cinque punti qui proposti


Queste le prime linee di un “manifesto per un nuovo turismo”, dove l’ospitante e l’ospitato dialoghino e si scambino esperienze, non esclusivo ma al contrario promotore di integrazione tra culture diverse, stimolante esperimenti locali e con tempi lenti, dettati dalla natura, con attenzione al racconto, alla formazione della memoria, alla capacità di gustare le emozioni fuori dai social….partecipate…call to action…

  1. Il più profondo e memorabile coinvolgimento emotivo e culturale dei visitatori si verifica quando l’ospite ricevuto diventa anche in qualche misura ospite ricevente (e non è un caso che in italiano una sola parola significhi entrambi gli attori in gioco nell’evento della visita). La distanza tra l’abitante che riceve e il visitatore che viene ricevuto deve essere il più possibile ridotta fino a poterla pensare come intercambiabile, portando il visitatore da una parte a interagire con il territorio come l’abitante, seguendone almeno un po’ le attività quotidiane e d’altra parte a dare dignità al racconto delle proprie esperienze del visitatore. Questo porterà nuovi orizzonti alla platea locale, e viceversa le esperienze locali porteranno un nuovo modo di percepire il quotidiano al visitatore. Così Ulisse ringrazia l’ospitalità di Alcinoo, il padre di Nausica, con il racconto del proprio viaggio e del proprio sapere, ma ascolta da lui la storia del suo regno. E’ una prova pratica di capacità di scambio culturale, e in una prima fase poco conta se tutto ciò è una versione semplificata delle pratiche reali o divulgativa di un sapere complesso, purché sia efficace e coinvolgente per entrambi e in particolare venga percepita come un dono reciproco, superando lo scambio ineguale a cui il capitalismo e il colonialismo ci condannano da secoli in ogni relazione tra luoghi diversi (siamo al dono del primo Baudrillard).
  1. Va invertita la logica della prestazione “esclusiva” che fa godere (forse) solo di qualche aspetto fisico del patrimonio, offrendo invece un approccio inclusivo, in cui il visitatore intercetta sistematicamente il “paesaggio attivo”, formato da chi per istituzione, volontariato o mestiere si occupa del territorio, dei suoi prodotti, delle sue memorie, della sua gestione, e che quindi può presentare aspetti dei luoghi e punti di vista del tutto diversi e inaspettati.

E’ uno dei modi più efficaci per stimolare la comprensione della complessità, che deve essere percepita come una compresenza di elementi del patrimonio e delle attività che sostanziano il territorio, che stimolano una sintesi da ricomporre come un Lego non vincolato ad un modello, in cui ciascuno può mettere insieme diversamente i pezzi di una realtà difficile da cogliere in un colpo solo. In questo senso il servizio “esclusivo” è incapace di offrire la ricchezza di quelli inclusivi e condivisi: per il visitatore è costoso e serve solo a confermare le proprie aspettative, privando l’utente del piacere della scoperta e della serendipity.

  1. L’offerta inclusiva è per definizione lenta: accade occupando tempo, che consente alle esperienze di depositarsi, dà spazio alle domande, permette le prove. Solo in questo modo gli incontri con il “paesaggio attivo” possono attivare una competenza indispensabile: la curiosità culturale, la voglia di saperne di più, seguendo la modalità di ricerca classica per esplorare la complessità, in cui la compresenza di saperi, da quelli orali a quelli specialistici esito di indagini scientifiche partecipano a delineare un’immagine, un senso complessivo dei luoghi che ciascuno deve sentirsi libero di definire con i contributi che ritiene, sapendo comunque che partecipa a un grande work in progress, aperto a nuove esplorazioni che portano a nuovo sapere.
  1. la scala dell’esplorazione deve essere in un primo tempo alla portata dei sensi e dei piccoli progetti, dato che è molto più facile condividere aspetti dei luoghi, delle attività, e dei racconti se sono proporzionati alla propria capacità di visione e di azione. Si arriva per gradi a condividere e ad essere emozionati dai paesaggi complessi e dai progetti lunghi, generalmente poco appassionanti anche se sono quelli importanti per il territorio. All’inizio il nuovo visitatore cerca aspetti in cui immedesimarsi, alla sua portata. Quindi mete privilegiate del nuovo turismo nella prima fase non sono il centro di Parigi o San Pietro ma il vigneto reimpiantato con cultivar storici ritrovati per avventura, il sentiero disastrato dall’alluvione riaperto con le corvée di tutti i volontari, la cappella restaurata con una tecnica riscoperta da un artigiano del luogo.
  1. Le modalità del racconto, e in generale la formazione della memoria dei luoghi devono essere aperte e lasciare spazio all’interazione soggettiva. Contano le immagini più delle parole, la frammentazione e l’arte del collage più dell’affresco sistematico, la sorpresa più della informazione preparatoria: si parte dalla considerazione che il nuovo turista ama nutrirsi di cultura ma vuole pincar per tapas più che scorrere un menù fisso.

Ma soprattutto occorre responsabilizzare (sia ospitante che ospitato) del racconto del luogo, anche dedicando spazio e tempo a sperimentazioni “didattiche”, in modo da legittimare anche eticamente la soggettività interpretativa che sta implicita nel rapporto tra gesto e regesto, tra esperienza e narrazione, tra emozione e razionalità.

Verificata l’impossibilità di una restituzione documentaria dei luoghi senza visione soggettiva ed emozionata, occorre rendere competenti i visitatori ad ascoltare e gli abitanti a narrare in performance di “racconto consapevole”, che evidenzia e dà senso esplicito agli aspetti interpretativi e qualifica il vissuto come spazio privilegiato di conoscenza e di giudizio non solo personali ma anche di altri, interessati a confrontare le soggettività.

Insomma l’approccio a territori sconosciuti (che sia turistico o migratorio, l’obiettivo dovrebbe essere lo stesso) attivo, locale, lento, curioso e cooperante tra ospitante e ospitato non solo è certamente fonte di sviluppo locale qualificato, ma è anche una forma di sapere inclusiva e pacificante, finalmente desiderabile e condivisibile anche dalle nuove generazioni di abitanti del pianeta.

Partecipa, discutendo e integrando i cinque punti proposti, scrivendo a: info@landscapefor.eu

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